Beste hizkuntzetako lanen zerrenda

  Traduzione: Roberta Gozzi

 

 

 

Capitolo 9

 

 

Avrei voluto che la cella in cui mi trovavo fosse il cuore della disgrazia dei lavoratori, ma non erano i battiti del mio cuore i colpi che provenivano dal soffitto. Mi hanno cambiato cella e il direttore mi ha fatto una domanda da bambino che si aspetta le congratulazioni, si notava nei suoi occhi.

        — Non ha niente da dirmi?

        Non ho saputo che cosa rispondere, non ho sentito altro che l'odore acre della pittura.

        — È una cella molto pulita, è la cella più pulita in cui sono stato.

        Allora il direttore ha azionato un marchingegno che doveva essere nel corridoio, l'ho capito dal movimento del braccio. Poi ha puntato il dito verso il soffitto. Una luce elettrica mi guarda. Questo è quel che hanno preparato, per me.

        — È di tungsteno, è uguale a quella del mio ufficio. Se di notte vuole leggere o scrivere, gliela accenderò io stesso.

        No, questo non è un regalo che il direttore fa alla mia debole vista. Di notte, mentre dormo, accenderanno intermittentemente la luce di questa cella, in modo che i secondini da fuori sappiano esattamente dove sono rinchiuso. Per Cienfuegos diventa davvero difficile.

 

 

Con questo aspetto no, con questo aspetto non permetterò che mi facciano delle fotografie. Ho bisogno di un'altra camicia e mi hanno sequestrato le mie cose. Con queste macchie di sangue sembro un macellaio, e io non sono un macellaio, io sono colui che ha ucciso il macellaio.

        — Gliene porterò una pulita! - mi dice il fotografo con una smorfia di complicità.

        — Va bene - accetta il direttore, ed affinché la sua autorità risulti evidente prosegue senza guardare il signor Markaida - io le porterò una camicia pulita ed un collo nuovo.

        Il fotografo non sembra molto dispiaciuto. Venderà le fotografie e guadagnerà quattro soldi grazie a me.

        Rimasto solo, mi sembra che non ci sia nessun altro detenuto in tutta la prigione. O forse hanno allontanato tutti, avranno paura che li contagi. Non sento niente. La mancanza di qualunque odore aumenta la mia solitudine. Mi tolgo la camicia con rabbia, la getto in un angolo. Questo aveva di sporco l'azione di Caserio, resti del presidente Carnot sui suoi vestiti, il pugnale insanguinato in mano. E mentre guardo questa camicia sporca e stropicciata, mi rendo conto che fu il ribrezzo che provavo all'idea di toccare la morte con le mani a guidare i miei passi quando mi persi a King Cross per comprare una rivoltella, ossessionato dal racconto delle torture che avevo appena sentito.

 

 

I domenicani non vogliono sedersi, non sono abituati, da quel che si può vedere, al fatto che qualcuno si rivolga a loro trattandoli da pari a pari. Vogliono stare in piedi e che io li ascolti da seduto. Si meriterebbero che il condannato parlasse loro tutt'altro che seduto, tranquillamente sdraiato sulla sua branda. Invece rimango in piedi e allungo la mano mostrando il palmo, in segno di rifiuto.

        — Non fumo, grazie.

        — Oh, noi credevamo... - padre Hilario è magro e mi sembra che abbia le unghie tagliate a punta. Ma è padre German ad offrirmi il libro: un giorno dovrò studiare la casta degli uccelli predatori. Il libro è un breviario, in spagnolo.

        — Se le è più facile, l'abbiamo anche in latino...

        — Né in latino né in italiano! - dico loro mentre lo lascio cadere. Quando padre German sta per chinarsi viene trattenuto da padre Hilario. Avranno intenzione di lasciarlo qui; più tardi, chissà, vinto dalla noia, forse potrei aprirlo. Per lo meno i libri devono essere gratis.

        — Voi... voi siete domenicani, vero?

        — Sì, siamo domenicani.

        — Io volevo ammazzare la Bestia il quattro agosto, ma non ho potuto farlo perché c'era il rischio di ferire le persone attorno a lui. Sapete che giorno è il quattro di agosto?

        — Il giorno del fondatore del nostro ordine, signor Angiolillo - mi risponde umilmente padre German.

        — Infatti, il quattro agosto è il giorno in cui in Europa venne istituita l'Inquisizione. Volevo festeggiarlo e l'ho fatto. E d'ora in poi rimarrà come giorno santificato: il giorno in cui è morto l'ultimo ideologo dell'Inquisizione. Non mi avete ascoltato durante il processo?

        Sono rimasti in silenzio, lo sguardo a terra.

        — Da quando ha avuto notizia della morte del signor Cánovas, il Santo Padre non esce dalle sue stanze... ­ padre Hilario è, senza dubbio, gerarchicamente superiore.

        — Questo significa che ho agito bene!

        — Ma figliolo, come può dire una cosa del genere!

        — La Chiesa dice, nel suo quinto comandamento, non devi uccidere. Ma la Chiesa benedice le armate che vanno alla guerra, voi cantate il Te Deum ogni volta che le forze spagnole uccidono migliaia di cubani...

        Padre German sembra nuovo, si accende con facilità.

        — Noi preghiamo Dio per tutti gli uomini!

        — Ammazzare qualcuno in nome di un ideale è condannabile, invece è un'azione giusta ammazzare migliaia di persone in nome della patria!

        Non hanno il coraggio di negarlo. Padre Hilario non crede a quello che dice, oppure la sua fede non gli dà altri argomenti.

        — Le strade del Signore sono tortuose!

        — Voi utilizzate Dio come uno schiavo.

        Padre German apre un giornale. Deve essere La Epoca, non ho potuto vedere bene la prima pagina. Comincia a leggere.

        «Riuniti urgentemente in assemblea municipale non appena si è saputo della morte del Nobilissimo Presidente del Consiglio, preghiamo Sua Eccellenza di prendersi il disturbo di fare giungere al Governo spagnolo il profondo sentimento unanime degli abitanti di Foggia, afflitti per il delitto commesso dal criminale che la triste fatalità fece nascere in questa terra.»

        — Mi fa vedere il giornale?

        Non capiscono, non possono capire come quelle parole non mi feriscano. Sono un semplice criminale senza coscienza. Ad un certo punto padre Hilario, con un gesto del capo, autorizza il suo compagno a darmi il quotidiano.

        — Sappia che preghiamo per la sua anima.

        — Voi siete baschi? - parlano uno spagnolo perfetto, non sembrano baschi.

        — Sì, lo siamo.

        — Conosco solo un basco, Juan Crisostomo Ibarra. Lo conoscete?

        Non lo conoscono, ovviamente. Me lo dicono in silenzio, padre German corrugando il cipiglio e padre Hilario inarcando le sopracciglia.

        — Perché io odio i domenicani quanto li odiava Juan Crisostomo Ibarra.

        E per sottolineare la mia insofferenza mi massaggio il naso indolenzito dagli occhiali. In realtà sono realmente stanco, mi fanno male gli occhi.

        — A presto, figliolo.

        — Buona notte, figliolo.

        Il breviario è rimasto a terra. Avrei potuto restituirglielo con un calcio prima che chiudessero la porta, ma ho avuto pietà. Gli riservo una gentile spinta con un piede che lo fa finire sotto il letto.

        [...]

 

 

© Koldo Izagirre
© Traduzione: Roberta Gozzi


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