Beste hizkuntzetako lanen zerrenda

  Traduzione: Roberta Gozzi

 

 

 

Capitolo 10

 

        Il visitatore se n'era andato di nuovo. Questa volta alla ricerca di una risposta concreta ad una domanda altrettanto precisa. Le tombe vicino alla chiesa furono una o due? Era esattamente la questione che gli avevo posto io.

        Una o due, non c'era un'altra risposta. Tuttavia trovarla sarebbe stata un'impresa assai ardua.

        Nel frattempo l'attesa mi provocava un malessere interiore che mi consumava.         Per questo, nel tentativo di tranquillizzarmi, decisi di ricostruire l'ordine degli avvenimenti dal momento in cui i fascisti erano entrati in paese. E fu così che le ali del ricordo mi portarono alla sacrestia della chiesa.

        Il mattino del 29 aprile i soldati del Euzko Indarra misero gli ostensori e i calici in un sacco e se ne andarono. Anche Iriondo, il cappellano del battaglione Saseta, se ne andò, con la speranza di tornare presto. Per questo aveva nascosto i documenti sotto l'altare maggiore. O forse pensava di non tornare, perché in guerra non si possono avere certezze. Ma sicuramente contava sul fatto che qualcuno avrebbe trovato quei documenti e che questo qualcuno fosse un nazionalista onesto come lui.

        Ma i calcoli di Iriondo erano sbagliati. I documenti furono trovati solo l'anno scorso, quasi sessant'anni dopo che lui li aveva lasciati lì, esattamente nel 1996, pochi mesi prima che il visitatore si presentasse da me. Nessuno potrà negare che Iriondo avesse nascosto con cura i documenti. E lo fece nonostante avesse a disposizione pochissimo tempo, con i fascisti alle calcagna. Al punto che qualcuno, nel suo delirio, pensò di averli visti entrare in paese prima che ciò accadesse veramente. Un idiota, che potrebbe essere definito come il morto più stupido della guerra. Per lo meno se la morte non si fosse portata via tanti altri stupidi come lui.

        — Ci son cappelli per tutte le teste.

        Era una frase che io e Simbad ripetevamo spesso. E non ci discostavamo molto dalla verità. Quell'insensato si chiamava Jose Ugarriza. E lo fucilarono.

        La notizia non piacque affatto a Mallona, e lo so perché fui proprio io a spiegargli come gli eventi si erano andati complicando.

        Come ho detto prima, la mattina del 31 aprile le nostre forze avevano deciso di cedere il passo all'attacco fascista. Pensavano che se si fossero ritirati sulle montagne, successivamente avrebbero potuto sorprendere il nemico e obbligarlo a retrocedere fino a stringerlo verso il mare.

        I fascisti caddero nella trappola. Al punto che annunciarono la loro vittoria alla radio. Troppo presto. E quello che sarebbe stato il morto più stupido della guerra sentì la notizia, uscì dal suo nascondiglio e si buttò per strada.

        Il paese era praticamente vuoto. Gli uomini di età compresa fra i diciotto e i quarantacinque anni se n'erano andati, a così anche i bambini, come le ragazze giovani, e quelli che erano rimasti si rinchiudevano dentro le loro case. Allora Jose, così si chiamava, si diresse al Ponte.

        Lo spettacolo di quel mattino dovette sembrare meraviglioso a quel fascistone. Se aguzzava la vista poteva vedere proprio lì — sulla collina del Txatxarramendi — la bandiera dei suoi camerati come protezione al nido di mitragliatrici. E, ascoltando con attenzione, una persona esperta di cannoni e munizioni poteva capire se i colpi sparati dalla spiaggia di Laga appartenessero ai fascisti oppure no.

        Così si convinse che quella che avanzava lungo la strada era la prima colonna fascista e cominciò a gridare:

        — Arrivano i nostri! Arrivano i nostri! — urlava in spagnolo, con le braccia alzate.

        Così mi raccontarono due uomini delle truppe nazionaliste e così lo raccontai io a Mallona. Perché Mallona leggeva la stampa fascista e aveva avuto notizia di quella fucilazione. Mi ordinarono di presentarmi da lui, che il signor sindaco voleva una spiegazione. Era già passata la prima settimana di maggio e con essa praticamente anche la speranza di vincere la guerra.

        Mi recai all'ufficio di Mallona non molto a mio agio. Non perché avessi paura di trovarmi faccia a faccia con lui, ma perché il semplice fatto di dover andare in quegli uffici era doloroso. Ogni municipio che i nostri evacuavano disponeva di un suo ufficio, perciò il numero di uffici corrispondeva a quello di municipi evacuati.

        Fu una visita breve. Gli esposi i fatti in modo chiaro e preciso, così come aveva fatto con me l'ufficiale del Euzko Indarra. Mallona mi ascoltò in silenzio.

        — Oh mio Dio! Un altro innocente morto! — fu il suo unico commento.

        — E cosa avrebbero dovuto fare i nostri?— chiesi io in seguito.

        Lui non rispose. Fecero quel che fecero. E basta. Poi discutemmo della faccenda dell'oro. Ma questa faccenda dell'oro, dei calici e degli ostensori dovrei raccontarla dopo; altrimenti mi dimentico di quello che spiegai a Mallona rispetto a come e perché morì quell'ingenuo.

        Come ho detto prima, l'uomo si mise a starnazzare come un'oca in mezzo al Ponte, e continuava a ripetere che stavano arrivando i suoi. Finché si rese conto che le insegne che si vedevano sulle divise dei soldati che avanzavano lunga la strada non erano croci uncinate ma lauburu, stemmi nazionalisti. Troppo tardi.

        Una delle malattie più comuni in guerra, provocata dalle esplosioni, è la sordità. Nonostante ciò le urla dell'ingenuo Jose Ugarriza furono eccessive. L'uomo fuggì mentre alcuni dei soldati in ritirata si avvicinarono di gran fretta. L'ingenuo era così ingenuo che si diresse direttamente a casa sua, così che i miliziani non ebbero nessuna difficoltà a trovarlo.

        Lo arrestarono e lo portarono via, e con un paio di spari si liberarono di lui. Abbandonarono il suo corpo a Bermeo. Veramente non lo raccontai proprio così a Mallona ma fu così che accadde.

        Per quanto possa sembrare incredibile, quell'ingenuo si nascose nell'armadio della camera da letto. E benché possa sembrare ancora più incredibile, i suoi inseguitori lo trovarono per puro caso. Quando sentì che erano sulla porta, si appese alla sbarra trasversale dell'armadio che sosteneva gli abiti e si nascose dietro giacche, giacconi, e gonne. Riuscì a coprire il suo corpo ma non i piedi. In realtà sollevò le gambe, ma dopo un po' le riallungò, un attimo prima che la porta dell'armadio venisse richiusa. E fu allora che lo trovarono.

        Le urla di sua moglie e di sua cognata furono inutili. Pura sfortuna! Uno degli inseguitori era un ragazzo del paese. Sapevano con che tipo di persona avevano a che fare.

        Tutti in paese sapevano che genere di uomo fosse colui che può essere considerato come il morto più stupido della guerra. Era maestro e in classe non nascondeva la sua posizione politica. Si trattava di un fascista convinto! E più cattivo della bile. Nonostante ciò, era vissuto tranquillo dall'inizio della guerra, non trovandosi nella lista di quelli che dovevano essere trasferiti a Bilbao per ordine della Repubblica. E benché vivesse nascosto, tutti sapevano dove si nascondeva: a casa sua!

        Persone come Mallona non gli avrebbero fatto niente, questo lo sapevamo, ed era il Nostro Uomo ad informarci dei suoi movimenti, così come di quelli degli altri fascisti. Fu veramente una persona molto utile, sia mentre il paese rimase in mano nostra, sia dopo l'entrata dei fascisti. Finché non lo perdemmo di vista.

        Per il resto, a Mallona e alla gente come lui ciò che interessava erano gli ostensori e i calici che si erano portati via i soldati dell'Euzko Indarra. Accanto alla notizia della morte dell'ingenuo, la stampa fascista informava dei calici e delle ostie presumibilmente rubati nella chiesa del paese.

        — Ve li restituiranno tutti — promisi a Mollona e, dopo aver definito i dettagli della consegna, ci salutammo cortesemente.

        La notizia della consegna apparve sul quotidiano Euzkadi il giorno dopo. Con il titolo L'onestà dei nostri soldati. Tutto in spagnolo, in modo che anche i fascisti potessero leggerlo. Credo fosse il 7 di maggio. E non esagero se dico che quei giorni, dalla fine di aprile fino a quello citato, furono i giorni determinanti per la guerra.

        Se la decisione fosse spettata a me, anch'io avrei fucilato quello stupido. E non avrei restituito i calici. Li avrei fusi e avrei utilizzato l'oro per comprare armi. Fino a che punto ne avevamo bisogno sarebbe risultato chiaro durante i primi giorni di maggio.

 

 

© Edorta Jimenez
© Traduzione: Roberta Gozzi


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